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Ai piedi del ponte di Rialto, sul lato del mercato, si erge il bellissimo palazzo dei Camerlenghi, oggi sede della Corte dei Conti (l’unico palazzo sul Canal Grande dal quale si vedano le acque del Canalazzo da ognuno dei suoi lati, che – curiosità nella curiosità, sono cinque invece dei consueti quattro). Eretto nel 1525 da Guglielmo Bergamasco, vi avevano sede i Consoli, i Sopraconsoli e i Camerlenghi, con altre Magistrature. Al pianterreno, in particolare verso il Canal Grande, sono ancora chiaramente visibili le prigioni dove venivano rinchiusi i debitori e i rei di piccoli crimini. Il palazzo è conosciuto tra i veneziani in particolare per i due capitelli immediatamente interni a quelli d’angolo, sul lato che guarda al ponte. Vi sono raffigurate due figure umane d’uomo e di donna, l’uno con una sorta di strana escrescenza tra le gambe, l’altra con un vivace fuocherello che divampa sullo stesso posto. Secondo la tradizione, tali figure sono state scolpite all’epoca dell’edificazione in pietra del ponte di Rialto: quando infatti su tale costruzione giravano solo voci, nella popolosa zona del mercato un uomo se ne uscì con uno sfottente “mi cresca pure un’unghia tra le cosce, il giorno che ciò verrà fatto!”, al che una donna gli replicò “che a me allora prenda fuoco la mona!”. A rendere figurativamente reale il destino dei due increduli pensò dunque la Serenissima (anche per dimostrare che aveva orecchie ed occhi dappertutto), che commissionò il lavoro assieme a quello del più antico (e bello) ponte sul Canal Grande.
Tratto da Misteri di Venezia di Alberto Toso Fei