I truccatori del Carnevale di Venezia erano pochissimi nel 1992 quando tutto ebbe l'inizio. Un paio di persone dall'Accademia e qualche frichettone dalla terraferma hanno deciso quasi accidentalmente di provarci. Oggi siamo in centinaia. Ma il carnevale è diverso: il CarnevalAltro degli anni Novanta è riapparso solo nel 2013 (per essere soppresso nel 2015), i costumi vengono meno indossati dai veneziani, e ai truccatori, assieme ad ogni genere di artista di strada: non è più permesso esercitare in Piazza San Marco. Nonostante tutto, potrete ancora imbattervi in qualche maschera dipinta con grande bravura, ne vale la pena venire e provare.

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“Volto in veneziano significa maschera. Qui si gira portandosi addosso la propria faccia per ciò che essa è veramente: un luogo pubblico. E’ una città dove non esiste la privacy. Venezia è come un interno, un appartamento fatto di corridoi e salotti: si cammina sempre dentro, non si è mai veramente fuori, non esiste l’esterno nemmeno per la strada. Apparentemente (che è come dire “mascheratamente”) la passione veneziana per la maschera è nata da questo bisogno di incognito, di protezione per la propria identità. Perché questa è una città dove la vita pubblica ti costringe a tirar fuori il tuo carattere fino alla superficie della faccia, a trasferirlo in permanenza dall’anima al volto. Diventi anche tu un personaggio, vagamente macchiettistico, una stilizzazione di te stesso. Arlecchino, Pantalone, Colombina, sono tipi da strada, sempre risucchiati fuori da sé, come se fossero occupati in continuazione a disegnarsi un tatuaggio che ricalca dalla testa ai piedi la loro stessa fisionomia, Vivono sulla superficie del proprio corpo. Ti dichiarano tutte le loro intenzioni. Ti svelano ogni secondo fine. Non ti nascondono nessun doppio fondo. Si comportano comicamente, fanno ridere, sembrano superficiali ma non lo sono affatto: impersonano ciò che succede all’indole quando viene costretta ad abbandonare i propri recessi, a migrare in superficie e a vivere sempre a galla. Le loro maschere non sono una doppia faccia, un’identità supplementare…sono ispessimenti del volto, sono facce incallite. A forza di strofinarsi addosso il loro ruolo pubblico, la pelle gli si è fatta dura come il cuoio. L’anima viene incatenata ad essa ed esiliata sul volto…”
Tiziano Scarpa, "Venezia è un pesce”
