La storia della forchetta… è anche veneziana

Per millenni l'uomo ha usato solo le mani per mangiare, utilizzando ciotole di terracotta per zuppe e bevande.  Alcuni esperti affermano che già dal Paleolitico gli uomini utilizzavano diversi tipi d’utensili per prendere il cibo, alcuni a forma di pala e alcuni con un po' di concavità.
Forchetta inizialmente non era usata come utensile da tavola, bensì come rudimentale bastone biforcuto usato dall’uomo primitivo per girare le carni sul fuoco. Infatti i Romani non usavano la forchetta per prendere il cibo, ma serviva come strumento ad un apposito ufficiale di cucina, il quale aveva il compito di tagliare le carni e servirle agli ospiti con quest’attrezzo che era chiamato “lingula” o “ligula”.

Nel Medioevo salse e grassi facevano da padroni alla tavola dei signori e sui visi e sulle mani dei commensali l'unto appariva frequentemente impregnando le loro vesti, tovaglie e salviette. Dal Rinascimento tutto ciò è considerato oltraggioso, incivile, barbaro e condannabile ed era necessario un cambiamento, ma vediamo con dettaglio.

L'origine della forchetta non è chiara, è probabile un'origine romana o comunque mediterranea, slegata agli utensili ricavati dalle ossa trovati in alcune tombe della cultura cinese Qijia (risalenti al 2400 - 1900 a.C.).

In ogni caso romani e i greci facevano uso a tavola, come oggi per alcune pietanze, anche delle sole mani; nel caso di famiglie nobili e ricche si utilizzavano invece dei "ditali" d'argento, strumenti che avevano lo scopo di non scottarsi e sporcarsi le dita. Accanto ai ditali, vi era anche l'uso della forchetta. Numerosi ritrovamenti archeologici di esemplari molto curati con due o tre rebbi di epoca tardoimperiale sono conservati nei musei archeologici di Padova e Torcello.

Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la conseguente invasione barbarica, anche la forchetta, oggetto comunque raffinato seguì lo stesso declino, sparendo quasi completamente, almeno per le piccole dimensioni. Nell'Impero d'Oriente, invece, l'uso di questo "oggetto lussuoso" continuò, per poi venire reintrodotto in Italia dai veneziani.

Le prime forme di forchetta furono degli spiedi a due punte chiamati lingula o ligula, che venivano usati per infilzare i datteri.

La Forchetta tridentata dei romani

Comunque in Italia le forchette cominciarono a diffondersi già nel XIV sec. nel Regno di Napoli, dove all'epoca si consigliava di adoperare un punteruolo di legno (antenato del modello in acciaio) per mangiare nella maniera migliore la pasta appena cotta e scivolosa.

Nel 1003 la forchetta venne portata in Occidente grazie alla principessa Maria Argyropoulaina, nipote di Costantino VIII, che venne data in sposa al diciannovenne Giovanni Orseolo, figlio del doge veneziano Pietro II Orseolo. Tuttavia alcuni esponenti della Chiesa vollero bandirla: San Pier Damiani la definì un "demoniaco oggetto" perché nell'immaginario cristiano era un oggetto in uso al Diavolo.

La forchetta personale è stata inventata dai Bizantini i cui modi erano molto più raffinati rispetto a quelli degli europei. Dal X  al XIII secolo le forchette erano comunemente usati dai ricchi a Bisanzio, così intorno all’anno Mille la figlia diciassettenne dell'imperatore bizantino Cristiano IX va a Venezia sposata del Doge Giovanni Orseolo II.  Durante il banchetto mentre tutti erano intenti a mangiare con le mani, la raffinata principessa si portava alla bocca il cibo aiutandosi con una forchetta d'oro a due rebbi. Evidentemente nella cerchia bizantina l'uso di quest'accessorio era già diffuso, ma a Venezia ciò suscitò un tremendo scandalo: secondo le cronache dell'epoca «tale novità parve un segno di raffinatezza talmente eccessivo che la dogaressa fu severamente disapprovata dai preti, i quali invocarono su di lei la collera divina. Cosicché quando nel 1005 la sfortunata giovane si ammalò di peste e ne morì, nobili e popolani veneziani s'inventarono che ciò era la punizione di Dio per tanta aberrante e oltraggiosa perversione conviviale, frutto certo di peccaminose propensioni derivatele dalle dubbie e sospette usanze della corte Bizantina. La povera principessa non fu da sola ad usare la forchetta; anche la moglie bizantina del Doge Domenico Silvio, nel 1071, usava  a tavola forchette personali, anche lei disapprovata.

In realtà per arrivare a comprendere le motivazioni profonde di tanto scandalo è necessario sottendervi il clima di forte tensione creatosi in quell'epoca, a causa dello scisma tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa di Roma (1054). Questo strumento, associato al mondo bizantino, fu identificato dal clero cattolico come un simbolo del demonio e il suo uso bollato coma grave peccato. Oggi sembra assurdo, ma ci vollero quasi cinque secoli prima che la struttura dei rapporti umani mutasse al punto di far perdonare il suo uso di fronte all'esigenza generale.

Così, dunque, che si deve riconoscere che questo strumento non ebbe avuto molto successo. In parte motivato al fatto descritto cui sopra,  influenzano altri fattori come il disagio nell'uso dello strumento, riusciva a causare lesioni al viso, bocca e denti, al punto che San Pier Damiani lo ha chiamato "instrumentum diaboli". Tuttavia, il suo utilizzo cominciò ad espandersi gradualmente in tutta Europa sia come raffinatezza sia per salute. In effetti, nel tempo della peste nera (che spazzò via un terzo della popolazione europea), era necessario utilizzare singoli coperti per evitare il contatto troppo diretto tra i commensali.

Nonostante, in Inghilterra, nel 1297 (XIII secolo), nell'inventario di Edoardo I d'Inghilterra, sono menzionate le forchette, (anche nei secoli successivi negli inventari di re e principi italiani, francesi e inglesi appaiono sempre più forchette d'oro, d'argento, di bronzo con preziose impugnature d’avorio, cristallo, pietra dura), ancora a metà del Quattrocento (XV secolo), nella Firenze medicea popolata da letterati ed artisti d'ogni parte d'Italia, l'uso della forchetta era guardato con ostilità e considerato in qualche modo "trasgressivo", al punto che le forchette d'oro erano gelosamente tenute chiuse in forzieri più come cimeli di famiglia che come posate.

La probabile “svolta”, ossia l’imporsi dell’uso della forchetta singola come simbolo di buone maniere accadde solo nel XVII secolo. Fu nell'Italia del 1600 che diventò una posata da usare a tavola, e si narra che però anche allora il musicista Monteverdi, ogni volta che si vedeva costretto a impiegarla per buona creanza, si sentiva obbligato poi a far recitare tre messe per espiare il peccato commesso!. Ma mentre la popolazione cittadina borghese e mercantile cercava di usarla tutti i giorni, i nobili la ritenevano non obbligatoria, da aggiungersi semmai ad altri indispensabili segni di civiltà quali: abbondanza di tovaglie e tovaglioli, e abluzioni ripetute prima e dopo i pasti. 

Un altro fattore che ha favorito tale cambiamento è costituito dal fatto che, abbandonata l'usanza medievale di consumare i pasti in comune, in un enorme locale, s’incominciò a preferire riunioni conviviali più ristrette, in sale da pranzo di minori dimensioni. Dato il numero più ridotto di persone, il padrone di casa iniziò a provvedere le posate per la sua famiglia e per i suoi ospiti, mentre in precedenza, ognuno portava a tavola le proprie. Di conseguenza s’iniziarono a produrre servizi di posate assortiti, di fattura semplificata e standardizzata, cui si accompagnarono più tardi servizi da tavola in porcellana.

Nella seconda metà del Cinquecento l'uso della forchetta è ormai generalizzato in Italia. Quando Michel de Montaigne compie il suo storico viaggio nell'ultimo quarto del secolo XVI, nota l'uso abituale della forchetta individuale. Il 31 dicembre del 1581, trovandosi a Roma ospite del Cardinale De Sans, lo scrittore francese registra la presenza in tavola di cucchiaio, coltello e forchetta, sistemati tra due salviette insieme al pane, al posto di ciascun convitato. Siamo ormai in piena regola moderna. Ma nel resto dell'Europa permangono varie resistenze. Il sospetto che l'uso delle posate conservi un risvolto in qualche modo condannabile come eccesso di lusso e concessione a qualche peccaminosa debolezza di carattere è ancora presente in chi osservi costumi di vita particolarmente rigorosi e austeri.

Per arrivare all’utilizzo della forchetta a quattro i rebbi bisogna aspettare oltre la metà del ‘700 (XVIII secolo), quando venne celebrato anche il famoso matrimonio con gli spaghetti (vermicelli). Pare infatti, che sopratutto per agevolare la presa dei “fili di pasta”, un ciambellano del re Ferdinando IV di Borbone (Napoli) abbia portato a quattro i rebbi della posata.

Dovettero trascorrere circa mille anni, da quella festa di nozze a Venezia durante la quale ne avvenne il debutto nell'Europa Occidentale, per rendere la presenza della forchetta in tavola un fattore consolidato.

Le trasformazioni dei costumi sociali e della buona educazione sono avvenute con notevole lentezza fino ad una certa epoca e si sono poi affermate grazie allo sviluppo della civiltà in generale ed all'estendersi delle consapevolezze culturali, grazie alle scoperte geografiche, scientifiche e tecniche dei secoli registrate a partire al secolo XVI. Il concetto di civilité nasce in Europa nella prima metà del '500 e su di esso si fondano l'autocoscienza e i caratteri di quella che diventerà la "civiltà occidentale", manifestatasi nel tempo come unità dell'Europa.

Nel XVI secolo nelle corti sorse l’esigenza di formalizzare con un manuale l’etichetta del comportamento a tavola; “il Galateo” di Monsignor della Casa costituì la risposta a questa richiesta, segnando una svolta nell’arte di stare a tavola, tradotto ed adottato in tutta l’Europa. Il termine “Galateo” deriva da Galeazzo (Galatheus) Florimonte, il vescovo di Sessa che gli suggerì di scrivere un trattato sul galateo ovvero dei costumi.

Si cominciò dunque a utilizzare la forchetta perché usare le dita delle mani era considerato da "cannibali", come un anonimo redattore scrisse nel 1589 nel suo libro The Habits of Good Society dove definì incivile  usare le mani a tavola. Fu questa un’inversione di tendenza in linea con le nuove regole della courtoisie, secondo le quali era veramente sgradevole mostrarsi in società con le mani sporche e unte di sughi, condizione che fino ad un secolo prima non avrebbe destato alcun commento.

Nei primi tempi la manutenzione delle posate, poneva dei problemi giacché si trattava di eliminare la ruggine dalle lame dei coltelli e dai rebbi delle forchette che in seguito a queste continue operazioni di sfregamento, di affilatura, di lucidatura, si consumavano ben presto e dovevano essere sostituiti. L'invenzione dell'acciaio inossidabile, nel 1914, produsse un radicale cambiamento della situazione poiché permise di realizzare lama e manico in un solo pezzo eliminando in tal modo la necessità di fabbricare separatamente i manici che, per tanti secoli, erano stati concepiti come pezzi ornamentali indipendenti.

A Firenze erano sicuramente in uso nella famiglia Pucci, come testimonia il dipinto di Sandro Botticelli sulle nozze di Nastagio degli Onesti, commissionato come regalo di nozze da Lorenzo il Magnifico nel 1483. Dalla corte medicea l'uso della forchetta fu diffuso in Francia da Caterina de' Medici.

La sua difficile diffusione in Occidente passò anche nella corte di Carlo V, il quale ne aveva addirittura una piccola collezione, e poi a Parigi dove rientrava fra le curiosità locali di una locanda, il tour D'argent, ambiente dove Enrico III di Valois (1551-1589), figlio di Caterina de' Medici, adoperò la forchetta per la prima volta.

L'uso della forchetta rimaneva però visto in malo modo: era considerata segno di eccessiva stravaganza, a tal punto che persino il Re Sole preferiva usare le dita alla forchetta e si convinse ad usarla soltanto quando la sua corte fu trasferita a Versailles nel 1684.

La forchetta incontrò difficoltà non solo in Francia ma anche negli altri Paesi e soprattutto nella Chiesa: le superstizioni religiose opposero la più strenua resistenza all'avanzare del progresso e della forchetta. Fu solo nel 1700 che le autorità ecclesiastiche ripresero in esame la dibattuta questione dell’infernale strumento il cui uso era ancora interdetto fra le mura dei conventi.

Soltanto dopo la metà del Settecento la forchetta iniziò a diventare quell'essenziale strumento che oggi conosciamo[senza fonte]. La forchetta venne introdotta nell'Italia meridionale probabilmente nel decennio francese, tanto che in Calabria si chiama broccia (dal francese broche, spiedo).

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