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In tutti i sestieri di Venezia compare, anche più volte, il toponimo "magazen" (magazzino); si contano infatti, in città, 18 calli, 5 sottoportici, 2 corti, 1 fondamenta, 2 campielli, 3 rami, che ricordano l'esistenza di questi locali, così diffusi in città, ai tempi della Serenissima. 

Nel "Dizionario del dialetto veneziano" (1829), di Giuseppe Boerio, si trova una precisa definizione di "magazen", identificato come un "luogo terreno dove si conservano in deposito le mercanzie". Tuttavia il Tassini nel suo famoso libro "Curiosità Veneziane", interpreta il toponimo "magazen" nella sua accezione di rivendita di vino al minuto, potrebbe quindi essere identificato con il "magazen da vin" definito, sempre dal Boerio, come "taverna o osteria di persone vili; bottega dove si vende vino al minuto, e dove a tempi veneti si ricevevano effetti in pegno, pei quali ritraevasi li due terzi in danaro, e un terzo in vino pessimo, detto appunto Vin da pegni". 

I "magazeni da vin" erano quindi mescite scadenti che offrivano vini locali e dove ci si accomodava su rozze panche. A volte gli avventori portavano con sé pane e formaggio o pesce fritto e accompagnavano lo spuntino con vino economico, ma scadente. 

Vista anche la loro funzione di luogo dove impegnare oggetti e far circolare denaro, erano spesso teatro di tresche e appuntamenti promiscui che aumentavano durante il Carnevale. Le situazioni grottesche che a volte si creavano all'interno dei "magazeni", attirarono l'attenzione di vari autori satirici, fra i quali Bartolomeo Dotti (1651 - 1713) che nel primo volume delle "Satire del Cavalier Dotti" riporta: "... Altri vanno ai magazzini / Dove mai non è penuria / D'appostati camerini / Per ricovero alla lussuria". E poi ancora, nelle sue Satire Inedite, si trova scritto: "... Vedo dentro a un Magazzino / Per rumor di certa rissa / Un uom grosso, e un parigino, / Egl'è il Mussolo, e il Bragissa. / Ancor questi la discorrono / Sbevazzando a tutte l'ore, / Voglion vino e sempre corrono / Dove trovano il migliore".

A Venezia venivano smerciate diverse qualità di vino, parte del quale era ricavato da vitigni delle isole veneziane, come Sant'Erasmo, San Francesco della Vigna, e addirittura in Piazza San Marco, nel terreno donato dalle suore al Doge, per ampliare lo spazio intorno alla basilica.

Oltre che nei "magazeni", il vino veniva consumato nelle osterie, che offrivano anche stanze per dormire, nelle malvasie, preposte alla rivendita di "vin foresto" e nei bastioni, vere e proprie bettole dove si potevano anche mangiare i famosi cicheti. C'erano poi le furatole, dove si consumavano pasti completi e i fritolini, dove si gustava pesce fritto e polenta.


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