Ruga e Sotoportego dei Oresi

Ruga e Sotoportego dei Oresi

Nell'area di Rialto, tra il Palazzo dei Dieci Savi e la Ruga Vecchia San Giovanni, si trovano i toponimi Ruga e Sotoportego dei Oresi (orefici).
Il nome deriva dalla presenza di numerose botteghe di orefici che hanno origini molto antiche di cui si ha traccia già in un documento del 1015. Nel marzo del 1331 fu approvata la deliberazione del Maggior Consiglio che obbligava gli oresi a commerciare, lavorare e vendere l'oro esclusivamente nell'Insula di Rialto, tuttavia anche dopo la revoca di tale restrizione, si continuò a lavorare e vendere oro e preziosi quasi esclusivamente a Rialto.

toponimi

Le botteghe degli orefici erano situate principalmente nelle due Rughe di Rialto. Infatti la Ruga Vecchia San Giovanni era chiamata anch'essa Ruga dei Oresi. Il Sabellico (1436-1506) nella sua opera "De situ Venetiae urbis" la nomina Ruga degli Anelli in quanto lì si vendevano principalmente anelli e oggetti di piccole dimensioni. Nella Ruga maggiore, detta anche Ruga Granda, si vendevano invece oggetti di grandi dimensioni, come soprammobili, stoviglie, vasellame.
Ogni artigiano che aveva bottega prospiciente il sottoportico e la Ruga degli Oresi, si impegnava a far affrescare la crociera del soffitto in corrispondenza del proprio negozio, dandogli così lustro e provvedendo contemporaneamente alla manutenzione in buono stato dell'edificio pubblico.
Gli affreschi del Sotoportego di Rialto sono tra i pochi affreschi esterni rimasti ancora visibili in città.
L'Arte dei oresi, zogielieri e diamanteri, che riuniva rispettivamente gli artigiani orefici, i gioiellieri e i tagliatori di diamanti, elesse a proprio patrono Sant'Antonio Abate a cui è dedicato un altare nella chiesa di San Giacometo.
Nel capitolare del 1233, uno fra i più antichi delle arti veneziane, si legge che agli oresi era vietato incastonare pietre false o di vetro mentre agli strazaroli e agli ebrei era vietato il commercio di ori, argenti e gemme.
Gli oresi veneziani erano specializzati nella realizzazione di monili con la tecnica della "filigrana", detta per questo opus veneciarum o opus venetum ad filum con la quale fabbricavano manini detti anche entrecosei (intrigosi), perché fatti di sottilissime magliuzze d'oro che facilmente si intricavano nella lavorazione di collane e bracciali.
Gli artigiani orafi veneziani erano specializzati anche nella produzione degli arredi sacri delle chiese e, tra le altre cose, erano noti per la fabbricazione di pugnali e scudi di grande valore.
L'Arte raggiunse l'eccellenza anche nel taglio dei diamanti, da parte dei diamanteri, con tecniche raffinate, che furono in seguito copiate dagli olandesi. Fu Ortensio Borgisi, diamanter veneziano, a tagliare "a rosa" il famoso "Gran Mogol", dal peso di 280 carati, di colore blu chiaro, scoperto in India nel XVII secolo.
Assai rinomati erano infine gli oggetti lavorati con la tecnica dell'agemina - incastro di piccole parti di uno o più metalli di vario colore - e poi smaltati.

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