San Martino

San Martino

Nel sestiere di Castello, vicino all'Arsenale, si trovano i toponimi: campo, piscina e chiesa "San Martino". L'intitolazione della chiesa a San Martino, vescovo di Tours, si ritiene dipenda dalla presenza, a Castello, di una colonia longobarda devota al Santo, o dall'insediamento in quella parte di Venezia di fuggiaschi ravennati, popolazione legata al culto del santo francese, innalzato nel 561 a protettore della cattedrale della città di Ravenna.

toponimi

 Le fondazioni della chiesa di San Martino, secondo la tradizione, risalgono al VII - VIII secolo e l'edificio, dopo vari rimaneggiamenti, fu completato nel 932.

La chiesa era in stile veneto-bizantino, tipico dei luoghi di culto dell'epoca, mentre l'attuale costruzione risale alla riedificazione del Cinquecento, su progetto dell'architetto Jacopo Sansovino, che la disegnò su pianta quadrata, con due cappelle laterali, e il presbiterio con soffitto a volta, sul quale appare un affresco di Jacopo Guarana che rappresenta la "Gloria di San Martino". 

Sopra l'ingresso dell'oratorio, attiguo alla chiesa e un tempo sede della Scuola devozionale di San Martino, si trova un bassorilievo quattrocentesco raffigurante il Santo che dona il mantello al povero.

Martino (da Marte dio della Guerra) nacque da famiglia pagana, nel 316 a Sabaria, in Pannonia (provincia dell'impero romano che comprendeva la parte occidentale dell'attuale Ungheria, il Land austriaco fino a Vienna, la parte nord della Croazia e parte della Slovenia) e, su volere del padre, si arruolò nell'esercito romano a soli 15 anni, poi fu mandato in Francia. La leggenda narra che un giorno il soldato Martino, a cavallo sotto le intemperie, incontrò un vecchio tremante coperto con pochi stracci. Martino con la spada tagliò il suo mantello e ne porse la metà al povero; dopo poco, improvvisamente, spuntò il sole che riscaldò la terra. Ilario di Poitiers, esponente della cultura cristiana dell'epoca, convinse Martino a lasciare la carriera militare per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione, così fu ordinato sacerdote e dedicò la sua vita all'evangelizzazione. Diventato poi vescovo, morì l'8 novembre 397. Fu il primo santo, non martire, della storia del Cristianesimo.

La chiesa di San Martino custodiva un frammento di una sua tibia, reliquia successivamente ceduta alla Scuola grande di San Giovanni Evangelista, in cambio di una somma di denaro per restaurare la chiesa stessa; con la suddetta Scuola inoltre, nel 1441, venne stretto un accordo secondo il quale, l'11 novembre le reliquie del Santo dovevano essere portate in processione da San Giovanni Evangelista alla chiesa di San Martino, per essere esposte. Il "piovan" e i religiosi dovevano attendere la reliquia sulla porta della chiesa.

Il Consiglio dei Dieci fu costretto a prendere in considerazione il potenziale problema di ordine pubblico legato alla lunga processione che attraversava, a piedi, tutta la città. 

Questa tradizione finì con la caduta della Repubblica.

L'esposizione della reliquia in chiesa durava non meno di tre quarti d'ora, così da dare tempo ai fedeli di toccarla con le loro "corone". Se mai la Scuola grande di San Giovanni Evangelista avesse mancato all'impegno annuale, la reliquia sarebbe stata restituita.

Anche nell'isola di Burano, in cui due sestieri sono denominati San Martino destra e San Martino sinistra, c'è una chiesa cinquecentesca, opera di Andrea Tirali, intitolata all'omonimo Santo. 

La chiesa ha pianta a croce latina, a tre navate ed è priva di portale. All'interno si trovano dipinti pregevoli fra cui la Crocefissione, opera del Tiepolo (1725), il Miracolo di Sant'Albano attribuito ad Antonio Zanchi, e le reliquie di Santa Barbara. 

Pur essendo morto l'8 novembre, San Martino viene ricordato il giorno in cui la sua salma venne tumulata, l'11 novembre appunto. Questa data probabilmente venne scelta in quanto è una data fondamentale nella tradizione cristiana, come anche nella tradizione del mondo rurale.

Per i cristiani anticipava di due giorni l'inizio del digiuno che precedeva il Natale, mentre per il mondo contadino rappresentava la fine dell'anno agricolo, nonché la data della svinatura (separazione del vino dalle fecce) e l'inizio del ciclo invernale. 

L'11 novembre si chiudevano anche i contratti agricoli e i mezzadri preparavano le loro masserizie per lasciare la mezzadria al signore del podere; se questi rinnovava il contratto, ritornavano a festeggiare nella loro casa. Da qui l'espressione "Fasemo San Martin" che significava traslocare. 

Un'altra frase celebre, "Estate di San Martino", attribuita alle giornate a volte tiepide e soleggiate, intorno all'11 novembre, ricorda il sole che apparve nel cielo d'autunno, dopo il gesto di carità del Santo.

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