Squeraroli
Ai tempi della Serenissima gli "squeri", erano i cantieri per la costruzione ed il rimessaggio delle imbarcazioni, si trattava di aree più o meno vaste, prospicienti ad un canale, con il pavimento in pendenza per poter tirare a secco o far scendere in acqua le barche. Spesso gli squeri erano costituiti, oltre che dallo spazio aperto, anche da tettoie o semplici costruzioni per poter lavorare al riparo dalle intemperie.

Inoltre, per rendere agevole la costruzione delle barche, venivano fatte alcune buche per terra dove inserire la prua e la poppa della barca capovolta, durante la costruzione. Gli artigiani che lavoravano negli squeri, gli squeraroli o maestri d'ascia, provenivano dalla categoria dei marangoni (falegnami). L'etimologia del nome sembra sia legata alla termine dialettale squara, ossia la squadra, strumento di lavoro indispensabile per i maestri d'ascia. L'Arte degli Squeraroli era una delle più importanti per la Serenissima, in quanto lo sviluppo e la vita della città dipendevano dall'acqua e dai suoi trasporti. Gli squeraroli infatti costruivano imbarcazioni con il fondo piatto, adatte a navigare in laguna, come caorline, mascarete, peate, pupparini, gondole, vipere, bateloni, sandoli, scioponi. L'Arte fu istituita nel 1607 dal Consiglio dei Dieci e comprendeva 2 colonnelli, gli squeraroli da grosso (imbarcazioni di medio tonnellaggio) e gli squeraroli da sotil (imbarcazioni di piccolo tonnellaggio), che si separarono dai marangoni da nave proprio nel 1607. La sede della Scuola era, fino al 1621, nella chiesa di San Bonaventura a San Marcuola e fu in quell'anno trasferita dall'altra parte della città, nella chiesa di San Trovaso, dove esiste tuttora un caratteristico squero per le gondole. La patrona era Santa Elisabetta. A testimonianza dell'esistenza di numerosi squeri a Venezia, resta il toponimo squero che troviamo in quasi tutti i sestieri della città.