Una cena bosniaca a Venezia

Appena entrata al Teatro ai Frari ho sentito l'odore dei Balcani, l'odore di casa. Avevo anche una fame balcanica. Tutto quadrava.
Solamente due cuoche, italiane, entrambe di nome Anna, hanno cucinato per noi 120 ospiti. Chapeau!

La serata aveva anche un senso, profondo ed umano.

Osmace… un vilaggio tra le colline della Bosnia ed Erzegovina, nella municipalità di Srebrenica. Prima della guerra che ha insanguinato il paese tra il 1992 e il 1995 era abitato da 1000 persone, che sono state costrette a fuggire; oltre 250 uomini sono stati uccisi nel genocidio di Srebrenica. Oggi, circa 80 persone sono tornate nel vilaggio e cercano di sopravvivere praticando un'agricoltura di sussistenza. Da un paio d'anni, gli abitanti di Osmace hanno cominciato a seminare il grano saraceno, che su queste colline trova condizioni di crescita ideali. Le difficoltà però sono molte: mancano mezzi e conoscenze.

Con il progetto "SEMINANDO IL RITORNO" si vogliono supportare le famiglie che hanno scelto di ritornare a Osmace, aiutandole a trovare una loro strada per uno sviluppo ecconomico sostenibile, per se stesse e il loro territorio. Saranno fornite formazione tecnica, attrezzature e supporto economico per l'acquisto degli input produttivi (gasolio, sementi…) e sarà avviata una preziosa esperienza di scambio con i contadini biologici padovani.
Per donazioni e supporto del progetto (detraibili dalla dichiarazione dei redditi): 
www.acs-italia.it

Sul piccolo banco del negozio equosolidale Acqua Altra (si trovano in Campo Santa Margherita, verso la Chiesa dei Carmini) ho trovato delle marmellate bosniache (mirtilli e lamponi). Sono tornata a casa felice perché ho scoperto altre tracce delle mie terre in questa meravigliosa città.


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